Uma grande caça desenrola-se, em África, no mercado da cerveja. Giuseppe Gagliano estabelece o mapa da
geopolítica da cerveja em África e analisa a imparável guerra económica, que aí
se desenvolve, pela conquista de posições e pelo controlo deste mercado que,
brevemente, representará 37% do mercado mundial da cerveja.
Geopolitica
della birra: i grandi produttori a caccia dell’Africa
Di
Giuseppe Gagliano | 5 Febbraio 2019
Le grandi multinazionali
della birra stanno assumendo una posizione offensiva nel continente africano a
danno dei produttori locali.
Infatti, secondo Deutsche Bank, il continente africano rappresenterà il 37% del volume mondiale della birra nel 2025.
I grandi giocatori contano sulle dita di una mano. Possiamo menzionare AbInBEV, il principale produttore di birra del continente, l’impero di Castel o il marchio olandese Heineken.
Come abbiamo detto poc’anzi le multinazionali hanno letteralmente spodestato i produttori locali.
Ad esempio la Castel negli anni ’90 ha acquisito il marchio Soboa in Senegal e altre società del Camerun. Una volta acquisite, queste società vengono ristrutturate e fino a un terzo della forza lavoro viene licenziata.
Di recente, Castel ha acquistato cinque birrerie dal colosso danese Carlsberg in Malawi.
In Burundi e in Ruanda, è stata l’olandese Heineken a posizionarsi in modo durevole.
Questa espansione economica non sarebbe possibile senza l’assenso o persino la complicità dei leader presenti in questi Paesi.
Castel, uno dei leader del mercati internazionale della birra nei paesi di lingua francese, era in rapporti con il presidente del Gabon Omar Bongo, morto nel 2009.
La conquista dei mercati esteri non può essere fatta senza una logistica potente, un prodotto redditizio e una buona volontà da parte degli attori locali.
Heineken, ad esempio, ha bloccato con successo l’arrivo del concorrente SABMiller in Nigeria, che improvvisamente ha dovuto affrontare ogni sorta di difficoltà amministrative per quanto riguarda le autorizzazioni essenziali.
Un modus operandi è in evidente contraddizione con la strategia di sponsorizzazione di eventi sportivi e culturali. Inoltre il sostegno che riceve attraverso il suo sostegno all’agricoltura tramite l’Ue e l’Onu non è coerente con le sue importazioni di malto dall’Egitto lontano 5.000 km dal suo birrificio ruandese.
Al contrario, SABMiller (ora ABInBEV) si è impegnata nel 2002 a produrre una birra locale a base di sorgo ugandese. Pertanto, la società è stata in grado di adattare il prezzo del prodotto al potere d’acquisto locale.
Altre iniziative sono state sviluppate con birre di manioca in un birrificio in Mozambico, anche sotto l’impulso di SABMiller.
In “compenso”, le tasse e gli impulsi protezionistici di alcuni Paesi africani per proteggersi dall’esterno sono andati in frantumi. Per non perdere un mercato così ampio come quello africano le multinazionali hanno posto in essere strumenti non ortodossi.
La Heineken ha fatto appello a quasi 2.500 prostitute in Nigeria per convincere i loro clienti che la bevanda dei Paesi Bassi avrebbe dato loro migliori abilità sessuali rispetto alla concorrente Guinness.
Un‘altra modalità di azione attuata dalla Heineken,per contrastare questa volta la concorrente Castel, si è concretizzata nella alleanza siglata con il distributore CFAO in Costa d’Avorio.
Nel continente nero – e non solo – l’esistenza del libero scambio è una pura illusione.
La conquista del mercato africano è stata conseguita – e viene conseguita – attraverso una spietata guerra economica nella quale ogni strumento lecito o meno diventa legittimo, una guerra economica nella quale ad esempio una birra come l’italiana Peroni – che era stata acquisita dalla SABMiller per poi essere rivenduta nell’aprile del 2016 alla giapponese Asti per 2,55 miliardi di euro – ha dimostrato tutta la sua debolezza economica nonostante la sua elevatissima qualità.
Giuseppe Gagliano
Infatti, secondo Deutsche Bank, il continente africano rappresenterà il 37% del volume mondiale della birra nel 2025.
I grandi giocatori contano sulle dita di una mano. Possiamo menzionare AbInBEV, il principale produttore di birra del continente, l’impero di Castel o il marchio olandese Heineken.
Come abbiamo detto poc’anzi le multinazionali hanno letteralmente spodestato i produttori locali.
Ad esempio la Castel negli anni ’90 ha acquisito il marchio Soboa in Senegal e altre società del Camerun. Una volta acquisite, queste società vengono ristrutturate e fino a un terzo della forza lavoro viene licenziata.
Di recente, Castel ha acquistato cinque birrerie dal colosso danese Carlsberg in Malawi.
In Burundi e in Ruanda, è stata l’olandese Heineken a posizionarsi in modo durevole.
Questa espansione economica non sarebbe possibile senza l’assenso o persino la complicità dei leader presenti in questi Paesi.
Castel, uno dei leader del mercati internazionale della birra nei paesi di lingua francese, era in rapporti con il presidente del Gabon Omar Bongo, morto nel 2009.
La conquista dei mercati esteri non può essere fatta senza una logistica potente, un prodotto redditizio e una buona volontà da parte degli attori locali.
Heineken, ad esempio, ha bloccato con successo l’arrivo del concorrente SABMiller in Nigeria, che improvvisamente ha dovuto affrontare ogni sorta di difficoltà amministrative per quanto riguarda le autorizzazioni essenziali.
Un modus operandi è in evidente contraddizione con la strategia di sponsorizzazione di eventi sportivi e culturali. Inoltre il sostegno che riceve attraverso il suo sostegno all’agricoltura tramite l’Ue e l’Onu non è coerente con le sue importazioni di malto dall’Egitto lontano 5.000 km dal suo birrificio ruandese.
Al contrario, SABMiller (ora ABInBEV) si è impegnata nel 2002 a produrre una birra locale a base di sorgo ugandese. Pertanto, la società è stata in grado di adattare il prezzo del prodotto al potere d’acquisto locale.
Altre iniziative sono state sviluppate con birre di manioca in un birrificio in Mozambico, anche sotto l’impulso di SABMiller.
In “compenso”, le tasse e gli impulsi protezionistici di alcuni Paesi africani per proteggersi dall’esterno sono andati in frantumi. Per non perdere un mercato così ampio come quello africano le multinazionali hanno posto in essere strumenti non ortodossi.
La Heineken ha fatto appello a quasi 2.500 prostitute in Nigeria per convincere i loro clienti che la bevanda dei Paesi Bassi avrebbe dato loro migliori abilità sessuali rispetto alla concorrente Guinness.
Un‘altra modalità di azione attuata dalla Heineken,per contrastare questa volta la concorrente Castel, si è concretizzata nella alleanza siglata con il distributore CFAO in Costa d’Avorio.
Nel continente nero – e non solo – l’esistenza del libero scambio è una pura illusione.
La conquista del mercato africano è stata conseguita – e viene conseguita – attraverso una spietata guerra economica nella quale ogni strumento lecito o meno diventa legittimo, una guerra economica nella quale ad esempio una birra come l’italiana Peroni – che era stata acquisita dalla SABMiller per poi essere rivenduta nell’aprile del 2016 alla giapponese Asti per 2,55 miliardi di euro – ha dimostrato tutta la sua debolezza economica nonostante la sua elevatissima qualità.
Giuseppe Gagliano
Sem comentários:
Enviar um comentário