Il libro di Giuseppe Gagliano, uno dei
pochi studiosi italiani di questi fenomeni.
L’Europa è
rimasta troppo indietro e si avvia alla marginalizzazione. L’Italia è già ai
margini. C’è di che preoccuparsi.
Giuseppe Gagliano, Presidente del Cestudec (Center for
Strategic Studies Carlo De Cristoforis), e studioso di temi geopolitici e
geostrategici, ha recentemente pubblicato un saggio, Guerra economica. Stato e impresa nei nuovi scenari
internazionali, in cui intraprende un’analisi delle moderne
dinamiche della guerra economica la quale è tornata prepotentemente nell’agenda
politica mondiale dopo l’uscita dalla guerra fredda.
Questa uscita, attesa e intesa come l’inizio di un’epoca
di concordia fra le nazioni e di trionfo della forma democratica dello Stato,
non ha prodotto un esito di questo tipo nemmeno in Occidente, fra Stati Uniti e
Unione Europea, per non parlare del resto del mondo. Dopo la guerra fredda c’è
stata la globalizzazione con le sue conseguenze: il disordine internazionale,
dove tutti combattono contro tutti.
Abbiamo
chiesto a Giuseppe Gagliano di precisare il suo punto di vista e di suggerire
quali rimedi vede al deficit culturale italiano che si esprime nella crisi di
ruolo del nostro paese. Buona lettura.
Una minaccia asimmetrica
Il mondo sta
cambiando, la realtà è diversa, mutano gli eventi e i modi di intendere la
politica. E anche gli strumenti: se una volta valeva l’affermazione di Clausewitz
che la guerra è politica fatta con altri mezzi, oggi si può affermare che la
politica (e l’economia) è la guerra fatta con l’uso delle informazioni.
La minaccia non è più solo quella a cui eravamo abituati
e che poteva localizzarsi dal punto di vista geografico nell’attacco di una
grande potenza contro un’altra potenza.
Oggi la
minaccia è asimmetrica, diversa, cambia in continuazione, viaggia in rete, è
immediata e, soprattutto, è rivolta contro l’intero sistema. Non mira a colpire
bersagli militari o politici, ma interessi commerciali, industriali,
scientifici, tecnologici e finanziari. Questo porta l’intelligence a
strutturarsi su compiti nuovi: proteggere non solo l’intero sistema, ma anche
gli anelli deboli della filiera produttiva. Tutto ciò esige un cambio di
mentalità, di modi di operare e un aggiornamento continuo, specie a livello di
cultura aziendale. Esige, soprattutto, una stretta interazione dell’intelligence con
il settore privato, con tutte le difficoltà che ne possono derivare.
Il ruolo centrale
dell’intelligence esconomica
Le crisi che
stiamo attraversando, assieme alla fisionomia industriale e commerciale della
nostra epoca, inducono a considerare con molta attenzione l’idea di “guerra
economica”.
È principalmente dopo la fine della guerra fredda che i
rapporti di forza tra potenze si articolano attorno a problematiche economiche:
la maggior parte dei governi oggi non cerca più di conquistare terre o di
stabilire il proprio dominio su nuove popolazioni, ma tenta di costruire un
potenziale tecnologico, industriale e commerciale capace di portare moneta e
occupazione sul proprio territorio.
La globalizzazione
ha trasformato la concorrenza da “gentile” e “limitata”, in una vera “guerra
economica”.
La sfida economica diminuisce gli spazi a disposizione
della guerra militare, ma lo scopo ultimo, quello di accumulo della potenza e
del benessere, rimane immutato.
Le strategie nazionali di intelligence economica,
adottate recentemente da numerosi governi, riservano proprio agli operatori
privati un ruolo centrale nel mantenimento della sicurezza, grazie alla
dotazione di infrastrutture informatiche e del bene primario dell’era digitale:
i dati.
Dalla tutela delle attività economiche private alla
protezione degli interessi economici nazionali, il passo è breve.
Per intelligence economica si intende proprio
quell’insieme di attività di raccolta e trasformazione delle informazioni, di
sorveglianza della concorrenza, di protezione delle informazioni strategiche,
di capitalizzazione delle conoscenze al fine di controllare e influenzare
l’ambiente economico globale. È, quindi, uno strumento di potere a disposizione
di uno Stato.
Gli attori della guerra economica
L’infosfera è il
luogo dove avviene il confronto decisivo.
Ma quali sono
gli attori della guerra economica?
• Gli Stati, innanzitutto, che restano i regolatori più
influenti dello scacchiere economico, nonostante il loro relativo declino nella
vita delle nazioni e i diversi vincoli che pesano su di loro, a partire dalle
organizzazioni internazionali, come l’Unione Europea. Ciò che è davvero
cambiato è che oggi gli Stati devono tener conto di numerosi stakeholder(ONG,
istanze internazionali, imprese, media). Tuttavia, essi conservano un ruolo
d’arbitro che ciascuno degli altri attori non fa che mettere in luce,
sollecitando regolarmente un loro intervento.
• Le imprese che, di fronte al nuovo scenario
geoeconomico ipercompetitivo, hanno adottato il controllo dell’informazione
strategica come strumento di competitività e di sicurezza economica.
• La società civile: l’ampliamento dei dibattiti su
questioni sociali riguardanti l’attività delle imprese stesse (alimentazione e
benessere, progresso tecnico e rischi di salute pubblica, industria e ambiente,
trasporto e sicurezza dei viaggiatori, tecnologia dell’informazione e libertà
individuale), la massificazione e democratizzazione dell’uso di internet, il
crescente coinvolgimento della giustizia nel monitoraggio dell’operato delle
imprese, comportano un aumento degli attacchi informatici contro le imprese da
parte di attori della società civile. L’allargamento dei dibattiti sui rischi
associati all’ambiente, sullo sviluppo sostenibile, sull’investimento
socialmente responsabile, sulla responsabilità sociale d’impresa, amplifica la
legittimità delle questioni sociali.
• L’infosfera: questa non costituisce una categoria di
persone fisiche o morali, ma piuttosto una dinamica, ossia l’insieme degli
interventi, dei messaggi diffusi tramite i media e la rete. Si tratta di uno
strumento particolarmente insidioso perché opera come una cassa di risonanza in
cui si mescolano e ricombinano di continuo idee, emozioni e pulsioni emesse da
un numero infinito di persone, senza un vero soggetto dominante e che tuttavia,
esercita un’influenza determinante, positiva o nefasta, sugli individui e sulle
organizzazioni. Lanciata nell’infosfera, una dichiarazione può avere il potere
di scatenare feroci polemiche, dure reazioni politiche, crisi mediatiche, danni
reputazionali a spese di imprese. Può divenire, quindi, un’arma di
destabilizzazione particolarmente efficace. Non dimentichiamo che l’immagine e
la reputazione di un marchio rappresentano un capitale strategico che impatta
sulle attività commerciali e finanziarie delle aziende.
Il ruolo dell’intelligence
economica e il deficit cultuale italiano
Christian Harbulot
Ebbene, quanto
attuato dalla Germania nei confronti del nostro paese, non solo rientra in modo
adeguato nel contesto della infosfera ma più in generale costituisce una vera e
propria guerra della informazione con finalità volte a screditare politicamente
il nostro paese e a danneggiarlo a livello economico.
La mancata reazione del nostro paese o la sua incapacità
ad anticipare questo genere di attacchi dipende anche dal ritardo nel contesto
della intelligence economica. Sia la Francia che gli Usa avevano già ampiamente
compreso tutto ciò.
Infatti, per
Christian Harbulot, l’intelligence economica è la ricerca e l’interpretazione
sistematica dell’informazione accessibile a tutti, con l’obiettivo di conoscere
le intenzioni e le capacità degli attori. Essa ingloba tutte le capacità di
sorveglianza dell’ambiente concorrenziale (protezione, veglia, influenza) e si
distingue dall’intelligence tradizionale per la natura del suo campo di
applicazione (informazione aperta), per la natura dei suoi attori (calati in un
contesto di cultura collettiva dell’informazione), per le sue specificità
culturali (ogni economia nazionale genera un modello specifico di intelligence
economica), rappresentando il tutto secondo uno schema di intelligence
economica a tre livelli: quello delle imprese, il livello nazionale e quello
internazionale.
Inoltre, è stato certamente merito di Christian Harbulot
se in Francia si è sviluppata una riflessione ampia ed articolata sulla
intelligence economica. Gli scritti di C. Harbulot sono infatti dei veri e
propri saggi sulla natura degli scontri economici scritti con l’obiettivo di
convincere i responsabili politici che uno sfruttamento offensivo
dell’informazione è un fattore chiave per il successo di un Paese.
Attraverso
un’analisi comparativa delle culture, Harbulot ha spiegato perché certi popoli
si sono mobilitati affrontando gli aspetti conflittuali dell’economia di
mercato e altri no, facendo propria la tesi secondo cui il capitale informativo
è al tempo stesso un fattore di produzione ma anche un’arma offensiva, oltre
che dissuasiva.
Oltre ai
protagonisti della scuola di guerra francese, gli analisti americani come John
Arquilla e David Rundfeldt, hanno teorizzato l’“information dominance”. Questi studiosi della Rand
Corporation, fin dal 1997, hanno teorizzato il concetto di information
dominance. Definita come il controllo di tutto quanto è
informazione, questa dottrina avrebbe la vocazione di plasmare il mondo
attraverso l’armonizzazione delle pratiche e delle norme internazionali sul
modello americano, col fine di mettere sotto controllo gli organi decisionali.
Affinché il
nostro paese possa essere in grado di conseguire una competitività durevole e
non occasionale dare vita ad una struttura di intelligence economica superando
una gestione puramente pragmatica come quella in atto da parte dell’Aise e
dell’Aisi. La strada da percorrere, come sottolineato dal Generale Carlo Jean,
è proprio quella posta in essere dalla Scuola di guerra economica francese.
Indice dei contenuti:
Natura
e scopo della guerra economica
Genesi storica della guerra economica | Dalla
geopolitica alla geoeconomia |Geoeconomia e Stati Uniti | I nuovi attori della
geoeconomia | Geoeconomia e potenza | Gli obiettivi della guerra economica |
Risorse e guerra economica |Guerra economia e fondi sovrani |Guerra economica e
intelligence |Neoliberismo e neomercantilismo
Soggetti e tipologie della guerra economica
Stato e geoeconomia | Imprese e geoeconomia | Guerra economica e interessi
nazionali | La nuova scacchiera internazionale | Le tre tipologie di guerra
economica | Guerra economica e guerre tradizionali
Le armi della guerra economica
Formazione e guerra economica | Innovazione e guerra
economica | Competitività e guerra economica | Stato e guerra economica |
Guerra economica e attrattività | Guerra economica e intelligence economica |
Guerra economica e sabotaggio | Guerra economica e importazione | Guerra
economica e libero scambio | Gli strumenti difensivi della guerra economica |
Guerra economica e patriottismo economico | Guerra economica e soft power |
Guerra economica e consumo patriottico
eXtras Casi di studio di guerra economica
Il
caso Mittal/Arcor | La guerra per le materie prime | Il caso Volkswagen
Giuseppe Gagliano si è
laureato in Filosofia presso l’Università di Milano. Attualmente è Presidente
del Cestudec (Center for Strategic Studies Carlo De Cristoforis).
Ha collaborato con la “Maritime
Magazine”, “Notizie Geopolitiche”, “Rivista aereonautica”, la Italian Society
of Military History, il Centro de Estudos em Geopolítica e Relações
Intenacionais (Brasile), il Centre Français de Recherche sur le Renseignement e
con le riviste “Modern Diplomacy”, “Intellector”, “Securite Globale”, “Cahiers
de la sécurité et de la justice”.
Egli è inoltre membro del Advisory Board delle riviste “International
Journal of Science” (Serbia) e “Socrates Journal” (India), “Geopolitica.ro”
(Romania).
Inoltre ha pubblicato:
Guerra psicologica,
disinformazione e movimenti sociali, Aracne, 2012;
Nicolas Moinet, Intelligence Economica (a cura
di Gagliano Giuseppe), Fuoco, 2012;
Guerra economica e intelligence, Fuoco, 2013;
La Geoeconomia nel pensiero
strategico contemporaneo, Fuoco, 2015;
Guerre et intelligence économique
dans la pensée de Christian Harbulot, présentation Nicolas Moinet, Va Press,
2016;
Desinformation, desobeissance
civile et guerre cognitive, Va Press, 2017;
Sfide geoeconomiche, Fuoco, 2017;