ha un solo grande assente: l’Italia
Giuseppe Gagliano | 30 dicembre 2018
Roma, 30 Dic. – Approfittando della attuale debolezza francese in Africa, la Germania sta attuando una postura politica offensiva con la creazione di un fondo di un miliardo di euro per promuovere gli investimenti delle pmi tedesche.
Questo nuovo interesse della Germania per il continente nero ha trovato una risposta quasi immediata con Macron che ha annunciato nel 2017, a Ouagadougou capitale del Burkina Faso, il lancio di un investimento di un miliardo di euro per le PMI che vogliono investire in Africa. Tuttavia, il vantaggio storico di Parigi rispetto alla Germania consiste nel fatto che la Francia è stata a lungo un giocatore chiave a livello economico nel continente, anche attraverso la Total, la Société Générale e la Peugeot.
La necessità di attuare una politica offensiva da parte francese nasce anche dalle analisi della Compagnia di Assicurazioni per il Commercio Estero (Coface) pubblicate nel giugno 2018, secondo le quali le quote di mercato delle esportazioni francesi in Africa si sono dimezzate poiché sono passate dall’11% nel 2001 al 5,5% nel 2107. Queste perdite hanno favorito la Cina e l’India, i cui prodotti economici hanno invaso il continente africano grazie a una strategia economica sempre più aggressiva. Ad esempio, nel settore farmaceutico i profitti francesi sono stati quasi dimezzati rispetto allo stesso periodo (dal 33% nel 2001 al 19% nel 2017) a favore dell’India che è passata dal 5% al 18% grazie ai farmaci generici a basso costo. Insomma cinesi, indiani ed anche turchi arrivano con prodotti più economici molto vicini alle esigenze del mercato africano.
Anche nel settore automobilistico la concorrenza di Pechino e Nuova Delhi (che è diventato il quarto fornitore africano in questo settore) ha danneggiato le imprese francesi che erano già alle prese con la fortissima concorrenza di giapponesi e coreani. Inoltre, la Francia ha perso importanti contratti in Africa a causa della Cina: l’assegnazione della costruzione di un megaprogetto idroelettrico in Nigeria alla CCEC cinese a scapito di Bouygues e Vinci e il progetto di diga idroelettrica faraonica Inga III nella Repubblica Democratica del Congo stimato in 80 miliardi di dollari, che è stato assegnato alla cinese China Three Gorges Corporation.
Questa situazione cambia profondamente a vantaggio delle imprese francesi se guardiamo al mercato sud africano che è il principale partner economico con un volume di scambi di 2,9 miliardi di euro nel 2017, mercato che è strutturato per assorbire l’economia delle grandi aziende.
Roma, 30 Dic. – Approfittando della attuale debolezza francese in Africa, la Germania sta attuando una postura politica offensiva con la creazione di un fondo di un miliardo di euro per promuovere gli investimenti delle pmi tedesche.
Questo nuovo interesse della Germania per il continente nero ha trovato una risposta quasi immediata con Macron che ha annunciato nel 2017, a Ouagadougou capitale del Burkina Faso, il lancio di un investimento di un miliardo di euro per le PMI che vogliono investire in Africa. Tuttavia, il vantaggio storico di Parigi rispetto alla Germania consiste nel fatto che la Francia è stata a lungo un giocatore chiave a livello economico nel continente, anche attraverso la Total, la Société Générale e la Peugeot.
La necessità di attuare una politica offensiva da parte francese nasce anche dalle analisi della Compagnia di Assicurazioni per il Commercio Estero (Coface) pubblicate nel giugno 2018, secondo le quali le quote di mercato delle esportazioni francesi in Africa si sono dimezzate poiché sono passate dall’11% nel 2001 al 5,5% nel 2107. Queste perdite hanno favorito la Cina e l’India, i cui prodotti economici hanno invaso il continente africano grazie a una strategia economica sempre più aggressiva. Ad esempio, nel settore farmaceutico i profitti francesi sono stati quasi dimezzati rispetto allo stesso periodo (dal 33% nel 2001 al 19% nel 2017) a favore dell’India che è passata dal 5% al 18% grazie ai farmaci generici a basso costo. Insomma cinesi, indiani ed anche turchi arrivano con prodotti più economici molto vicini alle esigenze del mercato africano.
Anche nel settore automobilistico la concorrenza di Pechino e Nuova Delhi (che è diventato il quarto fornitore africano in questo settore) ha danneggiato le imprese francesi che erano già alle prese con la fortissima concorrenza di giapponesi e coreani. Inoltre, la Francia ha perso importanti contratti in Africa a causa della Cina: l’assegnazione della costruzione di un megaprogetto idroelettrico in Nigeria alla CCEC cinese a scapito di Bouygues e Vinci e il progetto di diga idroelettrica faraonica Inga III nella Repubblica Democratica del Congo stimato in 80 miliardi di dollari, che è stato assegnato alla cinese China Three Gorges Corporation.
Questa situazione cambia profondamente a vantaggio delle imprese francesi se guardiamo al mercato sud africano che è il principale partner economico con un volume di scambi di 2,9 miliardi di euro nel 2017, mercato che è strutturato per assorbire l’economia delle grandi aziende.
In un contesto di spietata guerra economica come quello presente in Africa l’Italia deve approfittare delle debolezze dei concorrenti europei per inserirsi nel mercato e conquistarne quote investendo, proprio come sta facendo la Germania, nelle piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale dell’economia italiana.
Per conseguire questo ambizioso obiettivo è necessario che anche l’Italia realizzi centri di intelligence economica come quelli francesi.
Si pensi, a tale proposito, sia a Guy Gweth – fondatore di Knowdys e presidente del Centre Africain de Veille et d’Intelligence Économique che ormai da diversi anni agisce con successo nel teatro africano – sia alla scuola panafricana di intelligence economica sorta dalla collaborazione tra il Centro di Studi diplomatici e strategici di Dakar (Ceds) e la Scuola di guerra economica di Parigi.
Ancora una volta, la lezione da apprendere consiste nella consapevolezza che l’intelligence costituisce – come ha insegnato Christian Harbulot – uno strumento imprescindibile nel contesto della guerra economica.
Giuseppe Gagliano